Omicidio a Easttown (Mare of Easttown)

HBO + Kate Winslet = mossa vincente.
È uscita su Sky la nuova miniserie in 7 episodi della durata di un’ora, che racconta dell’omicidio che ha sconvoto la tranquilla cittadina di Easttown, fino a quel momento poco abituata a confrontarsi con scandali del genere. È un paese in cui non succede niente di rilevante, se non fosse per la sparizione, durante l’anno precedente, di una ragazza del posto.
Nel cast troviamo volti noti e molto interessanti: Kate Winslet che per me è un punto di riferimento sia umano che artistico, un sempre sul pezzo Guy Pierce, Evan Peters che dimostra ancora una volta di essere versatile, e ancora altri volti più o meno noti, come Julianne Nichols che io conobbi in Allie McBeal con un personaggio molto sopra le righe e che ha fatto capolino in tantissime serie importanti fino a diventare quasi la co-protagonista di questa serie. L’autore è Brad Inglesby, devo ammettere che non lo conosco, ho solo letto che ha scritto Tornare a Vincere e Il Fuoco della Vendetta: credo lo ricorderemo ora che ha scritto Omicidio a Easttown.
Mare of Easttown
Marianne, Mare, è una detective, vive con la figlia poco più che adolescente e il nipote (è una nonna molto giovane) e con una madre che mal sopporta. Il suo carattere spigoloso e l’atteggiamento aggressivo rendono difficile per gli altri starle vicini: tende ad allontanare tutti, tranne il nipote Drew, l’unico che ha accesso alla sua dolcezza. L’ex marito vive di fronte a lei e si sta per risposare con una donna che è l’opposto di Mare, tanto per esasperare un po’ la situazione. Ogni giornata di Mare si apre con il cellulare che squilla, e dall’altro capo un cittadino x si lamenta delle stesse cose banali ogni giorno.
Erin è un’adolescente tra i 16 e i 18 anni, madre di un bambino di un anno, DJ, che ama infinitamente, e gli autori ci tengono a esplicitarlo subito, facendole pronunciare un monologo in cui dichiara quanto sia felice della sua maternità, anche se la nascita del bambino è stata causa della separazione col padre. Lui, il padre, è uno a modino, di quelli che stanno a guardare mentre tu vieni pestata a sangue dal primo che capita.
Il primo episodio, quindi, introduce i due personaggi focali della serie, e lo fa mostrando le loro vite parallele fino al momento in cui la ragazza viene uccisa (non è uno spoiler, se non avete capito dal primo minuto che è destinata alla morte mi sa che dovete fare un po’ di ripasso di TV).
Regia, temi e altro
La regia ci porta in una cittadina degli Stati Uniti fredda, sia a livello di temperatura che di colori, con tetti spioventi di case singole e finestre che si affacciano direttamente nelle stanze dei vicini. È una città con colori ovattati, e il tema musicale accompagna bene la malinconia del posto e della vita.
Uno degli elementi più avvincenti è quello investigativo: i segreti custoditi dai personaggi sono decisamente succulenti così come i colpi di scena, che però per fortuna non sono tanti da sentirsi presi in giro dagli sceneggiatori. Non so voi, ma io mi infastidisco quando, in una serie, dietro ogni angolo c’è un elemento di sorpresa. Bisogna saper dosare anche quello, ma spesso gli autori si lasciano guidare dalla voglia di sensazionalismo. Invece è piacevole assistere alla naturalezza con cui si svolgono i fatti, si scoprono gli indizi e si accompagnano gli investigatori nella ricerca dell’assassino. La tensione è una presenza costante nella serie, soprattutto negli episodi centrali, cosa che per me ha la stessa attrattiva delle tasche nei vestiti.
Ma forse in questa serie l’omicidio è solo un pretesto per approfondire temi psicologici e traumi: al netto di qualche personaggio secondario sopra le righe, quelli principali sono concreti, ci troviamo davanti a tante sfaccettature della loro personalità e spesso entriamo a contatto con le loro vulnerabilità. Ritornando su Mare, in apparenza arida, cinica, è facile intuire che ci sia una ferita nel suo passato; infatti a un certo punto della storia scopriamo di cosa si tratta ma tutto avviene senza affrettare le cose, senza bisogno di svelare tutto con spiegoni; gli autori rilasciano una goccia ogni tanto – lo stesso avviene con gli altri personaggi – ed è soggetta a un cambiamento. Ovviamente non svelerò se si tratta di evoluzione o involuzione, vi lascio il gusto della scoperta.
I temi trattati sono quelli intimi e universali dell’elaborazione del lutto, il perdonarsi per i propri errori, che accomunano la gran parte dei personaggi e ricorrono in ogni episodio della serie, lasciando intendere che il messaggio sia proprio quello di lasciare andare e sentirsi in pace con se stessi.
Per chiudere…
Penso sia emerso dalle mie parole quanto questa serie mi abbia colpito in positivo, nonostante una piccola perplessità su una parte finale. Prima che la iniziassi, mi è stata paragonata a Broadchurch (una delle mie serie TV preferite in assoluto): qualche elemento simile è presente, dal punto di vista dell’ambientazione, entrambi sono in paesini di provincia e entrambi si concentrano sia sull’omicidio che sulla psicologia dei personaggi. Però gli inglesi hanno un modo di narrare le cose che ti svuota completamente e le reazioni più contenute da parte dei personaggi aumentano questa sensazione, cosa che non succede con le serie d’oltreoceano, ma comunque questo è un ottimo prodotto e mi sento di consigliarvelo.
Voglio dire ancora una volta quanto Kate Winslet sia favolosa come attrice che come persona. Per quanti di voi non lo sappiano, ha impedito alla produzione di fare editing sul suo corpo per toglierle rughe e pancia, mettendo un mattoncino nel muro dell’accettazione di se stessi e soprattutto sentirsi bene con il proprio corpo.